Bas-cian contřaři

Quando si pensa all’origine di un modo di dire, si cerca di risalire ad un episodio plausibile o, in ogni modo, ad un momento iniziale da cui farlo ragionevolmente derivare. Talvolta, tuttavia, la locuzione è così esplicita che pare superfluo cercarne le motivazioni. Ci viene in mente l’epiteto “Bas-cian contřaři” (Bastian contrario) comunemente adottato nel lessico colloquiale.

La locuzione ha un significato così evidente che pare superfluo cercarne la genesi. Al massimo potrebbe incuriosirci scoprire perché a qualcuno sia venuto in mente di affibbiare un aggettivo così poco apprezzabile, tra i tanti nomi del calendario, ad un immaginario Sebastiano. Ebbene, sarà sorprendente, ma qui ci ha messo lo zampino nientemeno che l’anagrafe, unitamente ad una ben curiosa combinazione di eventi storici.

Nella seconda metà del diciassettesimo secolo la Repubblica di Genova e il Ducato di Savoia erano sull’orlo di una nuova guerra, che entrambi non disdegnavano, ma che nessuno voleva dichiarare. Genova sosteneva celatamente le azioni di brigantaggio messe in atto da certo Antonio Folco, detto “il Turco”. Costui era un avanzo di galera che, al fine di guadagnare meriti ed alleviare la propria posizione con la giustizia, si prestava a condurre azioni di disturbo, con una banda di settanta briganti del par suo, nelle valli di Neva e Arroscia, nell’entroterra di Albenga, arrecando molestie al traffico commerciale piemontese e alle truppe sabaude, a tutto vantaggio della Repubblica genovese.

Nel Ducato di Savoia regnava Carlo Emanuele II, che decise di reagire contrastando sullo stesso piano le azioni del Turco. Pertanto liberò dalla prigionia certo Contrario Sebastiano, già maresciallo dei corazzieri che, avendo ucciso un giovane nobile in un duello per motivi sentimentali, si era dato alla macchia ed era poi stato arrestato e condannato per i diversi crimini compiuti. Al Contrario venne proposto di recarsi nelle terre occupate dal Turco al fine di osteggiarlo e possibilmente neutralizzarlo, destabilizzando la regione in vista di una prevedibile escalation delle vicende belliche.

Sebastiano Contrario radunò un’accozzaglia di sbandati e, forte della sua aggressività, si installò in valle Arroscia. Qui, dimentico degli accordi stretti con Casa Savoia, anziché misurarsi con il Turco, ne venne a patti e i due si spartirono il territorio: ad uno la val di Neva e all’altro la valle Arroscia dove condussero la loro attività fatta di grassazioni a danno della popolazione. Lo riferisce un passo di Storia della Repubblica di Genova: “Sebastiano andava facendo ai Genovesi quello che il Turco faceva ai Piemontesi; e non è da tacersi che il Sebastiano e il Turco avevan cura l’uno dell’altro e si schifavano, non so se per rispetto o per paura”.

Nell’agosto del 1672 le truppe piemontesi assaltarono il castello di Zuccarello (SV), ma, a motivo del comportamento del Contrario, mancavano i presupposti ambientali sui quali il Ducato di Savoia credeva di poter contare. La battaglia si concluse a favore dei genovesi, anche a causa di un acquazzone che bagnò le polveri dell’esercito sabaudo, mentre di Sebastiano Contrario si persero le tracce. Qualche fonte lo ritiene morto in combattimento o giustiziato nello stesso territorio di Zuccarello o nel confinante Castelvecchio di Rocca Barbena.

Del personaggio è rimasto il modo di dire: “It sài an Bas-cian contřaři”, riferito a persona che, per principio, contraddice chiunque o si comporta al contrario di come dovrebbe. Forse il detto è nato più per l’originalità del cognome che per la vicenda vissuta dal protagonista, che però, in virtù di più o meno meritata fama, è entrato nel lessico, ed è stato immortalato nei maggiori dizionari della lingua italiana.

Per qualche osservatore piemontese, l’appellativo di Bas-cian contřaři dovrebbe essere assegnato a pieno titolo a quel Conte di San Sebastiano che nel 1747, al colle dell’Assietta, si rifiutò di far arretrare le sue truppe pronunciando la famosa frase: “Noiàutri i bogioma nen da sì”.

Ben, sté ardì e, arcordevne che n’òm ëd na pařòla sola o na vař sent, ma n’òm ëd doe pařòle o vař nen në scracc (Bene, state allegri e in buona salute e ricordate che un uomo di una sola parola ne vale cento, ma un uomo di due parole non vale uno sputo).

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