Piemontèis bogianen

Da molto tempo è stato affibbiato a noi piemontesi l’appellativo “bogianen”, che i detrattori hanno sempre cercato di interpretare nel senso di “posapiano”. Noi, parte in causa, non ci limitiamo a confutare questa interpretazione, ma, usando un termine sportivo della pallapugno, vogliamo arcassé (ricacciare, respingere), proponendo ai lettori la tesi più accreditatapresso gli studiosi, che hanno cercato di scoprire quale possa essere l’origine più verosimile di questo detto.Bisogna risalire al 19 luglio 1747. E’ in corso la guerra di successione austriaca. I Francesi, alleati della Spagna, cercano di penetrare in Piemonte, alleato dell’Austria, attraverso il valico dell’Assietta, in alta Valsusa, difeso dalle truppe del Primo Reggimento Guardie, comandate dal Tenente Colonnello Paolo Novarina, Conte di San Sebastiano. Le cronache parlano di una sfida impari che vede i Francesi in forte soprannumero, il che suggerisce al Generale Conte Giovanni Battista Cacherano di Bricherasio, comandante supremo in campo, di far ripiegare le truppe sul Grand Serin, posizione ritenuta più difendibile. L’ordine viene però respinto per ben tre volte dal Conte di San Sebastiano, che sembra accompagni il rifiuto con la frase: “Noiàutri i bogioma nen da sì” (Noi non ci muoviamo da qui). I fatti gli danno ragione perché i Piemontesi escono vincitori dalla battaglia con una perdita di 192 uomini contro i 5.600 caduti di parte francese.

Al di là della veridicità storica della frase che la tradizione attribuisce dal Conte di San Sebastiano, resta l’atto di coraggio e l’eroismo patriottico dimostrato dalle truppe piemontesi, che veramente hanno meritato l’aggettivo “bogianen” inteso nel suo significato più alto e nobile.

Il vocabolo “bogianen” fu subito adottato come soprannome dei soldati piemontesi, e poi della popolazione stessa, assumendo, a poco a poco, l’accezione peggiorativa che si prende gioco di una  sua presunta passività, eccessiva prudenza e refrattarietà ai cambiamenti, senza tuttavia disconoscere l’irreprensibilità e la caparbietà con la quale sa affrontare le situazioni difficili. Naturalmente accettiamo volentieri la parte positiva dell’affermazione ed esprimiamo le nostre riserve sul resto.

Una circostanza, non verosimile come movente iniziale perché tardiva in ordine cronologico, ma che è interessante citare perché nasce da un aneddoto reale, fa riferimento alle guerre del Risorgimento, quando affluirono nella nostra regione volontari di ogni parte, che vennero addestrati alla “scòla dij soldà”. Questi ragazzi, armati di coraggio, ma poco avvezzi alla disciplina, si sentivano continuamente riprendere con l’imperativo: “Bogia nen!” (Non muoverti!). Questa locuzione, udita più volte tra le frasi di una lingua sconosciuta ai più, fu assimilata meglio di ogni altra, tanto che la truppa prese l’abitudine di appellare allo stesso modo gli istruttori, che divennero, a loro volta: “Bogianen”. L’epiteto, già in uso da tempo, non fece fatica a diffondersi tra i commilitoni che l’attribuirono, se ce ne fosse ancora stato bisogno, a tutti i piemontesi.

Il riferimento alla nostra presunta inerzia fu fermamente contestato dalla penna del poeta patriota Angelo Brofferio, il quale, nel 1859, rivendicava l’intraprendenza e il coraggio della nostra gente con la poesia “Ij bogianen”, di cui ci limitiamo a leggere i primi versi.

Ij bogianen an dio / famosa novità! / Già tuti a lo savìo / da doi mil ani ‘n sa. / Riputassion franch giusta / sul Pò, sul Var, sul Ren, / a l’è na stòria frusta / che noi bogioma nen. / Lo san ch’a l’é nen vera / Palestro e San Quintin / Pastreng, Gòito, Peschiera, / Guastala e San Martin, / lo san fin-a ‘n Crimea che noi bogioma nen! (I bogianen ci definiscono / novità famosa! / Già tutti lo sapevano / da duemila anni in qua. / Reputazione veramente giusta / sul Po, sul Var, sul Reno, / è una storia logora / che noi non ci muoviamo. / Lo sanno che non è vero / Palestro e San Quintino / Pastrengo, Goito, Peschiera, / Guastalla e San Martino, / lo sanno anche in Crimea che noi non ci muoviamo).

 Di fronte a tale attestazione, ogni ulteriore parola sarebbe inadeguata.

Ben, sté tuti ‘n piòta e ten-e da ment che, nen për blaga, ma noi i trambloma nen. (Beh, state tutti in gamba e tenete a mente che, non per vantarci, ma noi non temiamo nessuno)

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