Miton mitena

“Com a va-la?” – “Miton mitena”. (“Come stai?“ – “Così, così”). “O gir-lo ben ës motoř?” – “Miton mitena”. (“Gira bene questo motore?” – “Più o meno”). “Chiel-lì a ř’é ‘n miton mitena”  (“Quella persona è mediocre”).

La locuzione è usata ogni qualvolta si parli di una cosa, persona o avvenimento che procedano lentamente, senza infamia e senza lode o non siano né carne e né pesce.

La radice di entrambe le parole risiede nel vocabolo tedesco “mitte” (metà). Il derivato francese “mitaine” e il suo equivalente piemontese “mitena” stanno ad indicare un particolare guanto femminile senza le dita. Insomma, un mezzo guanto.

La prima notizia scritta della locuzione risale ad almeno tre secoli e mezzo fa, quando Molière, nella sua commedia “Le Médecin malgré lui” (1666), cita una pomata senza effetto alcuno, definendola “onguent miton-mitaine”. Ancora oggi questo modo di dire è usato in Francia per definire un farmaco che non ha effetti positivi, né negativi, mentre in Piemonte ha assunto un significato più ampio come gli esempi elencati nell’incipit.

Nel 1763, in una delle sue canzoni satiriche: “Le bizòche” (“Le bigotte”) padre Ignazio Isler accenna ai giovani educati senza rigore che “tra miton mitena, a son mai bon a nen”.

Nel nostro dialetto ci sono altri modi di dire per rappresentare una personalità mediocre, ad esempio: “o son-a com it řo bati” (suona come lo batti, cioè è una persona senza idee) oppure “o ř’é ‘n bambas da lum” (è bambagia da lume – stoppino di bambagia che si presenta flaccido e molle).

“Pan bianch e vin doss” si usa nei confronti di una persona bonacciona, che non si crea problemi, ed evoca la festa casalinga, senza pretese, in cui era consuetudine servire pane bianco e vino dolce.

“Sansossì” dal francese “sans souci” (senza affanno) inteso come persona che vive alla giornata, senza crucci, è, in un certo senso, affine a “miton mitena”.

Un verbo di probabile identica origine è “mitoné” (cuocere a fuoco lento). Probabile, perché c’è chi lo vorrebbe, invece, far derivare dal latino “mitesco” (diventar mite) e chi dal termine d’origine nordica “miton”, accrescitivo di “mia” (briciola)

Alcune ricette piemontesi raccomandano di far cuocere, “miton mitena, su fiama meusia” (a fuoco lento). Tra queste, quella della supa mitonà, parente nobile della più modesta panada. Ma panada, in senso lato, è pure l’aggettivo con il quale si può identificare la persona molliccia, insulsa, di poco carattere, cioè un miton mitena. E qui si chiude il cerchio.

Anche nella sfera delle emozioni il verbo mitoné trova il suo spazio e viene usato nel senso di meditare, rimuginare, angustiarsi, cuocere a fuoco lento nel proprio brodo.

Sté ‘d bon imoř, pijeva dossman e ancordevne che doman a ř’é tacà a ‘ncheu. Tant, con o temp e řa paja i mèiřa fin-a ij pocio. (State di buon umore, prendetevela con calma e ricordatevi che domani è attaccato ad oggi: nel senso che potete tranquillamente rimandare il lavoro a domani. Tanto, con il tempo e la paglia maturano anche le nespole).

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